Fra mito e diritto: forme e funzioni della vendetta nell’Ecuba e negli Eraclidi di Euripide

Autori

  • Luca Fiamingo

Parole chiave:

Tragedia greca, diritto greco/attico antico, Euripide, vendetta, giustizia ritorsiva, contraddizioni del νόμος

Abstract

I giudizi sulla vendetta compiuta da Ecuba (nell’omonima tragedia) e Alcmena (negli Eraclidi) sui nemici ruotano intorno a due principali nuclei ideologici che ne fanno ora un atto esecrabile, di eccessiva brutalità, ora un’azione moralmente accettabile (agli occhi del pubblico antico) perché fondata su legittime istanze di giustizia retributiva. Circa un secolo dopo, Aristotele nella Retorica osserverà come ci sia chi, per soddisfare le proprie pretese in relazione a un torto subìto da sé o dai propri cari, non desiste, al pari dei personaggi euripidei, dal «piacevole» desiderio della vendetta, il cui statuto, noto sin dall’epoca arcaica, era stato modificato e progressivamente integrato nelle modalità repressive previste nel sistema giudiziario delle πόλεις.

In un gioco di sovrapposizioni tra mito, realtà politica e prassi giuridica, realizzate mediante due personalità femminili caratterizzate da atteggiamenti simili, Euripide riflette sulla realtà paradossale del diritto e delle leggi, sia universali o divine e panelleniche (Ecuba) sia particolari

disposizioni di una comunità politica (Eraclidi) le quali, per affermare la propria validità, devono in qualche misura ricorrere alla violenza ritorsiva che pure intendono contrastare.

##submission.downloads##

Pubblicato

2024-12-10

Fascicolo

Sezione

Artículos