Soggetti alla violenza. Post mortem di Pablo Larraín
DOI:
https://doi.org/10.7203/eutopias.0.18755Parole chiave:
Cinema, trauma, violenza, dittatura, testimonianza, CileAbstract
La possibilità di costruire un soggetto che, sottoposto all’esercizio della violenza, risulti conformato al rispetto della volontà dittatoriale è la chiave di lettura che si utilizzerà per analizzare Post Mortem (2010), il secondo capitolo della trilogia cilena che il regista Pablo Larraín ha dedicato al racconto della dittatura nel suo paese d’origine. Gli eventi raccontati si collocano temporalmente nel 1973, l’anno del colpo di stato del generale Augusto Pinochet. Protagonista della vicenda è Mario, un funzionario statale con il compito di trascrivere e battere a macchina i referti delle autopsie. Mario assiste all’esercizio della violenza, interiorizzando a pieno la sua prassi lavorativa: non fa altro che registrare quanto accade. Seguendo il funzionario nell’espletamento della sua routine, il saggio analizza le strategie con cui il film restituisce allo spettatore le forme di assoggettamento al regime della violenza dittatoriale.
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